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      Il grosso patrimonio gli rendeva assai meno del ragionevole. Prima della malattia di sua moglie la suocera gli era sempre ai fianchi col pungolo delle campagne da visitare, degli agenti da sorvegliare, dei registri da esaminare. Poi lo aveva lasciato in pace. Appena informata del pericolo di villa Diedo, si era accinta ad un occulto molteplice lavoro. La sostanza stabile di suo genero, tutta nella provincia di Brescia, era amministrata da un vecchio ragioniere che veniva di tempo in tempo a conferire con Maironi come prima aveva conferito col suo tutore Zaneto. Persona proba e devota al nome Maironi, costui non aveva taciuto a Piero in passato la propria opinione che il miglior partito di provvedere ai suoi interessi fosse anzi tutto quello di prendere dimora nella stessa loro sede principale: discorso ingrato, in quel tempo, alla marchesa, e che le aveva fatto prender l'uomo in uggia.
      Più tardi, simulando preoccupazioni sue proprie circa gli affari del genero, la vecchia signora fece dire da un amico di casa al ragioniere che quanto più egli insistesse per attirare Maironi a Brescia, tanto più si renderebbe gradito; e in pari tempo, conoscendo non in tutto ma in parte gl'imbarazzi finanziari di Zaneto, cominciò a insinuargli che sarebbe opportuno di mutare dimora, che lontano dai parenti e dai conoscenti certe economie sarebbero riescite più facili, che l'Elisa avrebbe preferito, ritornando in famiglia, un soggiorno dove non fosse tanto conosciuta. Il sindacato di Piero era un enorme macigno nella sua via.


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Piccolo mondo moderno
di Antonio Fogazzaro
Ulrico Hoepli Milano
1909 pagine 344

   





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