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      Doveva essere austera, sua madre, doveva essere inesorabile per chi, cedendo alla passione, rompe, anche solo momentaneamente, una fede giurata e stringe legami non confessabili, legami che non si coprono senza mentire.
      Seduto, nel pomeriggio del venerdì, sul muricciuolo dell'orto fra le rose piantate da suo padre, che gli parevano tanto più soavemente spirituali di quelle voluttuose e orgogliose di villa Diedo, egli stava pensando che, se Jeanne non gli avesse resistito, non sarebbe stato possibile di lasciarla mai più, quando gli portarono il telegramma di lei da Milano. Molesto, quel telegramma. Gli garbava poco d'incontrarsi con Jeanne così presto, prima di aver fermata dentro di sè la via da tenere. Riflettendo su questa impressione sgradevole, si domandò: "L'amo io ancora?'. E subito sentì dentro di sè il freddo della risposta, lo sgomento di una propria possibile ipocrisia. Altre volte, però, nel contatto dello scetticismo di lei, del suo spirito di contraddizione, gli era parso di non amarla più ed erano state freddezze passeggere.
      Partire o non partire, l'indomani mattina? Finì col dirsi ch'era meglio affrontare presto questo incontro quasi temuto. Rientrando pensoso in casa dove un giardiniere di Lugano lo attendeva per intendersi circa i rampicanti da sostituire alla passiflora morta, non potè a meno di paragonare il sentimento proprio, anche nel passato, a quello di Jeanne, di riconoscerlo tanto minore di forze e di nobiltà, di dubitare che se non fossero state, nel principio, le appassionate audacie di lei, se non fosse stato in lui un cieco desiderio di libertà, di vita e di amore, il primo incontro in ferrovia non avrebbe avuto alcun seguito.


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Piccolo mondo moderno
di Antonio Fogazzaro
Ulrico Hoepli Milano
1909 pagine 344

   





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