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      quando sono termine di una comparazione;
      quando formano un predicato nominale (Prelim., § 5);
      quando sono rette da preposizioni od altre particelle;
      quando il verbo che ne dipende č sottinteso;
      quando la persona sta in opposizione o in corrispondenza con altra persona, espressa o sottintesa: e in generale quando, indicando una persona, vogliamo in certa guisa escluderne qualunque altra.
      Nel rimanente de' casi si adoperano le forme congiuntive.
      Esempii misti: Credete a me che sono pratico di queste cose. Manzoni. - Ed egli a me (sottint. disse): le cose ti fien (saranno) conte. Dante. - Come Iddio padre ama me, cosė amo io voi. Cavalca. - Lui ho preso e lui voglio. Boccaccio. - Perō al mio parer non gli fu onore Ferir me di saetta in quello stato Ed a voi armata non mostrar pur l'arco. Petrarca. - Disse fra sč medesimo: me non ucciderai tu. Passavanti. - Io ebbi gran fame, e voi mi deste mangiare. Morali San Gregorio. - Io vi vidi levarvi e porvi costė dove voi siete, a sedere. Boccaccio. - Credendo ch'io fossi te. Boccaccio. - Era un dolore di pių, e non il meno pungente, quel pensiero, che in grazia appunto .... di tanto bene che voleva a lui (a Renzo), la povera donna si trovava ora snidata, quasi raminga, incerta dell'avvenire. Manzoni.
      Il popolo toscano nel parlar familiare usa non di rado gli per le (a lei), e quasi sempre gli per a loro, modi condannati dai grammatici e rari nei buoni scrittori, specialmente degli ultimi tre secoli. Quanto al primo gli, stimiamo che se ne debba vietar l'uso assolutamente, sė perchč le persone civili adoprano, parlando, anche le, e perchč, oltre a togliere ogni equivoco, le č breve e spedito quanto gli, ed č vera forma congiuntiva nč pių nč meno.


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Sintassi italiana nell'uso moderno
di Raffaello Fornaciari
Sansoni Firenze Editore
1881 pagine 500

   





Prelim Iddio Ferir San Gregorio Renzo