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      Vivo, abito a Firenze, a Roma (sia dentro, sia fuori) ecc. Anche con alcuni nomi comuni, per indicare non tanto la dimora in un luogo, quanto l'occupazione che vi si fa, si usa a; p. es. sono al teatro (cioè allo spettacolo), al ballo, allo studio, alla scuola od a scuola, al banco, sono o sto a casa (cioè non passeggio), alla campagna, da risguardarsi come frasi o locuzioni avverbiali. Con infiniti: stare a sedere, a riposare, a dormire, a giuocare ecc. (Vedi P. I, cap. XX, § 14).
      Anche in fa talvolta le veci di a, sia per indicare vicinanza: abitavano in porta Salaja. Boccaccio; sia per indicar direzione, quando si premette ad avverbii locali; p. es. volto in qua, in là, in su, in giù ecc. (non a qua ecc. vedi P. I, cap. XXV, § 9). Ognuno in giù tenea volta la faccia. Dante.
      La prep. su (o in su) che propriamente indica superiorità, può far le veci di in, quando basta indicare la sola superficie d'un corpo; p. es. scriver su un libro (anche in un libro), essere sulla strada, sulla piazza ecc., gettare sul o in sul viso, porre sulla o in sulla tavola. Mi leggerebbe in viso come sur un libro. Manzoni: - può far le veci di a, quando vogliasi indicare una prossimità minore; p. es. stare sull'uscio (presso l'uscio, meno determinato che all'uscio), Francoforte sul Meno, sull'Oder, sulla riva del fiume (presso la riva). Siede la terra dove nata fui Sulla marina, dove il Po discende. Dante.
     
      § 5. Anche la prep. da può servire a segnare stato in luogo o moto a luogo nei seguenti casi:
      coi nomi lato, canto, parte, banda, strada, via ecc.


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Sintassi italiana nell'uso moderno
di Raffaello Fornaciari
Sansoni Firenze Editore
1881 pagine 500

   





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