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      Dante. - Cominciò a fuggire per quella via, donde avea veduto che la giovane era fuggita. Boccaccio. - Serpentelli e ceraste avean per crine, Onde (da cui) le fiere tempie erano avvinte. Dante. - (Vedi P. I, cap. XXV, § 26). Le cortesie, l'audaci imprese io canto Che furo al tempo che (nel quale) passaro i Mori D'Africa il mare. Ariosto. (Vedi P. I, cap. XII, § 14).
      Il complemento attributivo può determinare anche un pronome dimostrativo (uno, alcuno ecc. colui, quello, questo ecc.). Queste popolazioni furono quelle che distrussero l'impero romano. Machiavelli. - Vedi che son un che piango. Dante. - Invece di colui che, uno che, si può usare chi (Vedi P. I, cap. XII, § 20 e seg.). In senso neutro si usa ciò che, quello che. O mente che scrivesti ciò ch'io vidi. Dante. - Spero di far quello che m'imporrai. Boccaccio. - E tali proposizioni possono tener luogo ora di soggetto, ora di oggetto, ora di sostantivo apposito rispetto alla principale; p. es. ciò che mi affligge è questo: allontano da me ciò che mi affligge; io, ciò che più m'affligge, non trovo compatimento. - Ciò che più l'annoja È il sentir che nell'acqua se ne muoja. Ariosto.
     
      § 2. CONCORDANZA. Quando il predicato della proposizione attributiva si riferisce immediatamente o mediatamente ad un pronome personale puro di prima o seconda persona (io, tu, noi, voi) contenuto nella principale, si accorda, quanto alla persona del verbo, con esso. Immediatamente. Io che gioir di tal vista non soglio. Petrarca. - O tu che onori ogni scïenza ed arte.


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Sintassi italiana nell'uso moderno
di Raffaello Fornaciari
Sansoni Firenze Editore
1881 pagine 500

   





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