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      Senza più aspettar lasciai la riva. Dante. - Signori, le guerre di Toscana si soleano vincere per bene assalire. D. Compagni.
      È frequente negli antichi l'interporre fra la prep. e l'infinito oggetti e complementi varii; p. es. Io parlo per ver dire. Petrarca. - Per di fronde velare i sacri altari. Caro. - Tu eri di mercè chiamar già roco. Petrarca. - Venite a noi parlar. Dante. - Con recisa risposta di mai per lor niente voler fare .... se li tolse d'addosso. Boccaccio. - Montano, senz'altri preghi aspettare, incominciò a cantare. Sannazzaro.
      Si usa bene anch'oggi: senz'altro dire, senz'altro fare e sim.
     
      § 25. Congiunzioni. Fra le congiunzioni o quelle parole che ne fanno le veci, alcune possono stare soltanto in principio della proposizione (sia esplicita o implicita), altre possono anche posporsi alla prima o alle prime parole di essa.
      Stanno soltanto in principio tutte le subordinanti, quelle cioè che servono a introdurre una proposizione subordinata, ed in generale gli avverbii relativi o composti d'un relativo, che fanno da congiunzione, per il che, per la qual cosa, dove, laddove, mentre, quando, come ecc., oltre di che, senza che, se non che ecc. Fra le coordinanti la copulativa e, le disgiuntive o, ovvero, ossia e sim.
      In poesia vi può essere qualche eccezione. Da questa tema acciò che tu ti solve, (sciolga) Dirotti perch'io venni ecc. Dante.
      Le negative nè, neppure, nemmeno ecc. si antepongono o pospongono al verbo secondo le regole date (P. II, cap. VII, § 5). Non solo trovasi talora dai moderni posposto a tutta la proposizione; p. es.


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Sintassi italiana nell'uso moderno
di Raffaello Fornaciari
Sansoni Firenze Editore
1881 pagine 500

   





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