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      (24) Ebbe allora un figliuolo, e, dopo alcuni anni, una figliuola; ma protestò che, non ostante queste licenze, non amò mai altra che Laura.
      Io sempre sentii," dic'egli, "la indegnità delle mie inclinazioni, e, al mio quadragesimo anno, me ne liberai come se non avessi mai veduto altra donna; sano e robusto; nel caldo e vigore dell'età soggiogai necessità così vergognosa."(25) Anche verso questo periodo, che fu intorno a quello della morte di Laura, nè l'esempio della virtù di lei, nè i suoi forti dubbi ch'ella non fosse una ritrosa senza cuore, bastarono a saldarne la piaga, ed egli aprì il suo petto, che scoppiava di dolore, a' suoi più intimi amici. "Il dì non è forse lontano ch'io sarò tranquillo abbastanza da contemplare tutta la miseria della mia anima, e da esaminare la mia passione, non però per continuare ad amarla, bensì per amare te solo, o mio Dio! Ma per ora quanti pericoli mi rimangono da superare, quanti sforzi da fare! Non amo più come amai, ma amo ancora. Amo mal mio grado, ma amo in lamentazioni ed in lagrime: la odierò? no; bisogna amarla ancora."(26) Sette anni dopo la data di questa lettera, il conflitto non era per anche cessato. "Il mio amore," dic'egli, "è veemente, estremo, ma esclusivo e virtuoso. - No, questa irrequietudine, questi sospetti, questi trasporti, queste vigilie, questo delirio, questa stanchezza d'ogni cosa, non sono già i sensi di un amore virtuoso."(27)
      XIV. Il Petrarca era in Italia allorchè la peste, che nel 1348 desolò l'Europa, rapì alcuni de' suoi più cari, e lo spaventò col presagio di calamità vie più grande.


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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