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      Una mente raffinata, commossa da naturale vivacità di sensazioni non use a freno, lo recò a temere ed a bramare a vicenda il possesso di Laura. La sua passione fu prolungata da quella non virile irresolutezza, vera fonte della infelicità e delle querele di lui, e che porse a Laura opportuno spediente di serbarsi a un tempo e l'amante e la virtù sua. Come che fosse conscio "della follia ed umiliazione di amare non essendo riamato,"(31) tuttavia persistè nel credere, che
     
      Non è sì duro cor, che lagrimando,
      Pregando, amando, talor non si smova.
     
      Con tali versi finiscono quelli fatti in vita di Laura. La sua bellezza avea da gran tempo ceduto più alle infermità, che agli anni. Ella ne contava appena trentacinque, allorchè il Petrarca in una delle più gravi sue opere scrisse: "Se avessi amato in lei soltanto la persona, avrei mutato pensiero già da gran tempo."(32) Gli amici suoi stupivano, come beltà sì appassita durasse a tener saldo in lui così ardente affetto. "Che monta ciò?" rispose il Petrarca,
     
      Piaga per allentar d'arco non sana.
     
      Quando ella sparve per sempre dagli occhi suoi, i melanconici sentimenti erano in lui da lunga mano divenuti abito, e il vigile presentimento della sciagura che gli sovrastava avevagli destato le più mordaci sollecitudini. Nel corso de' dieci anni che venner dopo, dettò la seconda parte de' suoi versi amorosi: a volte descrive Laura che gli appare di mezzo alla notte; a volte "rapito in estasi, il terzo cielo apresi agli occhi suoi," ond' ei ne contempli le celestiali bellezze.


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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