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      (50) Non sì tosto fu la poesia italiana nobilitata dalle platoniche speculazioni intorno all'amore, che i predecessori del Petrarca pronunciarono, le anime volgari non essere capaci nè degne di venir iniziate a una tale passione. Guido Cavalcanti, instantemente richiesto da una gentildonna di scrivere intorno agli affetti ch'ella inspirava, protestò: "ch'egli non avrebbe potuto confidarsi d'essere compreso, fuori che da menti elevate:"
     
      Donna mi priega, perch'io voglia direD'un accidente che sovente è fero
      Ed è sì altero, che è chiamato Amore;
      Sì chi lo niega possa il ver sentire!
     
      Ed io non spero ch'uom di basso coreA tal ragione porti conoscenza.
     
      Di questa canzone fu data contezza da alcuni celebri commentatori, e fra gli altri da Pico della Mirandola; ma non perciò si è fatta più intelligibile. Dante fece egli stesso il commento a' suoi versi d'amore; esempio seguito, due secoli dopo, da Lorenzo de' Medici, la cui Teorica d'Amore è uno de' pochissimi trattati che o sfuggirono alle indagini indefesse, o non furono riputati degni di essere fatti conti dallo storico, le illustrazioni del quale intorno al secolo de' Medici fecero caro il nome suo agl'Italiani riconoscenti.(51) Dalla comparazione di alcuni versi, dove Guido, Dante, Petrarca e Giusto de' Conti pigliano a descrivere la sovrumana bellezza delle donne loro, è agevole a seguire i progressi di siffatta poesia, e accorgersi che Dante fu più che mai vicino a toccarne la perfezione. Il Petrarca in appresso lo trattò per modo, che nessun altro poeta fu mai capace di accostarglisi: ma non a lui si spetta il vanto dell'invenzione; poichè le leggi metriche e musicali di questa specie di lirica poesia erano già fermate.


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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