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      La facoltà di serbare e variare a un tempo il ritmo è tutta sua: - la melodia ne' suoi versi è perpetua, e pur non istanca l'orecchio mai. Le sue canzoni (sorta di composizione che partecipa dell'ode e dell'elegia, l'indole e la forma della quale è d'esclusiva ragione dell'Italia) comprendono stanze, talvolta di venti versi. Egli nondimeno collocò le cadenze in guisa da lasciare che la voce si fermi alla fine d'ogni tre o quattro versi, e fissò la ricorrenza della stessa rima, e le stesse pause musicali ad intervalli bastantemente lunghi per evitare la monotonia, e bastantemente brevi per conservare l'armonia. Però non par duro a credersi quanto Filippo Villani ne assicura: "che la musicale modulazione de' versi del Petrarca indirizzati a Laura scorreva con tanta melodia, che nemmeno i più gravi potevano frenarsi dal ripeterli."(55)
      XIII. Metastasio, per gradire alla corte di Vienna, a' musici ed al pubblico de' suoi dì, e per compiacere alla dilicatezza del suo gusto femminile, ridusse la sua lingua e versificazione a tanta penuria di parole, frasi e cadenze, che paiono sempre le stesse, e nella fine non fa più effetto di un flauto, il quale apporta anzi dilettosa melodia, che vive e distinte sensazioni. Il Petrarca all'opposto, non pure vigorosamente afferrò, e bellamente usò tutta la ricchezza delle parole, tutta la varietà del numero, tutte le grazie e l'energia e gl'idiomi della propria lingua, ma vi saturò quelli de' provenzali e spagnuoli poeti. Nessun vocabolo adoperato da lui è divenuto obsoleto; ed ogni sua frase può essere, ed è tuttavia, scritta senza affettazione.


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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