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      XIV. Mentr'ei sospirava di aver sempre alcuno presso di sè che lo potesse amare, gli toccò intanto di vivere assai spesso tutto solo, temendo non forse l'usar troppo colle persone a lui più care potesse dargli cagione di diffidarne. E appunto coll'aprire il suo cuore e la borsa più di frequente che la porta, si vanta, e a ragione, "che nessuno fu più devoto agli amici, e ch'ei non ebbe mai a perderne alcuno."(126) Anche nella prima gioventù, quando il cuore è più confidente, e mentr'ei bramava in effetto di vivere con quelli, ebbe sempre paura di scoprirne i difetti. "Nulla," dic'egli, "è sì tedioso, come il conversare con chi non abbia la " tua stessa istruzione."(127) Ma se un tratto si sentiva disposto a mettersi in compagnia, conversava affatto alla libera. "Se agli amici," dic'egli, "sembro un ciarliero dirotto, ciò avviene perchè, vedendoli raramente, ciancio allora tanto in un giorno da rifarmi del silenzio di un anno. Pare a molti di essi ch'io mi spieghi in modo chiaro e robusto; ma a me il parlar mio riesce debole e oscuro, perchè non seppi mai impormi il carico di spiegare eloquenza in conversazione. Mai non fui vago di pranzi, e sempre tenni per molesto al pari che inutile l'invitare o l'essere invitato; non havvi cosa però che più mi ricrei del vedermi alcuno cascare addosso nell'ora della mensa, nè mangio mai solo, se posso meco aver altri."(128) Per tutta la vita si piacque di rigida temperanza, costume contratto fin dall'infanzia: raramente faceva più di un pasto al dì; il vino spiacevagli; cibava più ch'altro vegetabili, e spesso, in tempi di divozione e di digiuno, pane e acqua erano tutto il suo desinare.


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139