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      L'armonia di Dante, non sì melodiosa, è spesso frutto di arte più possente:
     
      S'i' avessi le rime e aspre e chiocce,
      Come si converrebbe al tristo bucoSovra 'l qual pontan tutte l'altre rocce,
      I' premerei di mio concetto il sucoPiù pienamente; ma perch'i' non l'abbo,
      Non senza tema a dicer mi conduco:
      Chè non è 'mpresa da pigliare a gabboDescriver fondo a tutto l'universo,
      Nè da lingua che chiami mamma o babbo.
      Ma quelle donne ajutino 'l mio versoCh'ajutaro Anfione a chiuder Tebe,
      Sì che dal fatto il dir non sia diverso.
     
      Qui il poeta accenna ad evidenza, che il dar colore e forza a idee col suono di parole è uno de' requisiti necessarii dell'arte. I sei primi versi sono fatti aspri dall'affoltarsi di consonanti. Ma allorchè descrive soggetto al tutto diverso, le vocali fanno più scorrevoli le parole:
     
      O anime affannate,
      Venite a noi parlar, s'altri nol niega.
      Quali colombe dal disio chiamate,
      Con l'ale aperte e ferme, al dolce nidoVolan, per l'aer dal voler portate:
     
      Il Cary, traduttore inglese di Dante, contravviene frequentemente - e ne rechiamo esempio in nota(151) - a una tesi del suo autore, il quale, affidato più ch'altro dall'effetto della propria versificazione, dice: "che nulla cosa per legame musaico armonizzata si può della sua loquela in altra tramutare, che non si distrugga tutta la sua dolcezza ed armonia."(152) - Il disegno del poema di Dante richiedeva ch'ei trapassasse di pittura in pittura, di passione in passione. Nelle differenti scene del suo viaggio ei varia l'intonazione così ratto, come la folla degli spettri involasi dinanzi agli occhi suoi; e adatta sillabe e cadenze d'ogni verso in sì artificiosa guisa da conferir forza alle immagini che intende rappresentare col solo cambiare il numero: però che ne' versi più armoniosi non è poesia, sempre che falliscano ad eccitare quell'infocato rapimento, quello squisito titillamento di diletto che sorge dall'agevole e simultanea agitazione di tutte le nostre facoltà, - ciò che il poeta ottiene con l'uso potente delle immagini.


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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