Pagina (41/176)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il Petrarca al contrario non ha mai considerato la lingua italiana come capace di trattare soggetti in prosa: scrisse seriamente e gravemente per ambizione di fama opere in latino, nè mai scrisse in italiano se non in versi per descrivere la sua passione; e anche egli, come Dante, si formò una lingua tutta sua propria, scegliendo e combinando i più eleganti ed espressivi ed armoniosi vocaboli ed idiomi, da molti e varj dialetti romanzi sì Italiani che Francesi. - Ma tanto Dante che Petrarca, avendo succhiato il loro dialetto paterno col latte di madri e nudrici fiorentine, dovevano necessariamente avere il dialetto toscano per fondo della loro lingua italiana scritta; pure non ne ritennero, per così dire, che l'ossatura, perchè col potere del loro genio ciascuno de' due si creò una lingua nuova. Quella di Dante è più originale e più italiana, sì perchè fu il primo, e sì perchè aveva ricavati i materiali del suo stile da varj dialetti d'Italia; e quella del Petrarca è più elegante e più raffinata di frasi, sì perchè egli, essendo venuto dopo, perfezionò molti modi di lingua introdotti da altri, ed essendo stato educato da giovinetto in Provenza dove abitò lungamente, ed amò, e scrisse le sue poesie amorose, si servì più che Dante d'idiomi del romanzo provenzale, e diede ai trovatori Provenzali il merito, forse vero forse non vero, di avere introdotto non la lingua, ma i metri delle poesie italiane; ed in questo particolare vedremo che si ingannò, perchè la forma del sonetto fu trovata in Sicilia, e la forma della canzone lunga è tutta d'invenzione Toscana.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





Petrarca Dante Italiani Francesi Dante Petrarca Dante Italia Petrarca Provenza Dante Provenzali Sicilia Toscana