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      Ma rari, se pur alcuni, fra i trovatori ottennero la celebrità di Sordello; - e quand'essi erano da principio cavalieri poeti, vivevano men noti all'Italia che ne' paesi forestieri, dov'essi dimoravano qua e là nelle corti; finchè, divenuti poi rimatori e cantanti per arte, non passavano quasi mai di là dalle Alpi o dall'Appennino(5); e non approdavano molto in tempi, ne' quali ogni città italiana tendeva alla democrazia; - e dopo la metà del secolo decimoterzo e la morte di Azzo VII d'Este, il più magnifico e l'ultimo de' loro protettori, rare menzioni s'incontrano de' loro nomi.
      Con Sordello, il più antico di molti, cominciano e finiscono i nomi di quelli che in quel secolo ferreo contribuirono a fare incivilire con la letteratura la Lombardia. Molti scrittori hanno anticamente narrato di lui cose più convenienti alla poesia che alla storia; ma oggi non sarebbe più nominato, se il suo carattere, com'è rappresentato da Dante, non procurasse ammirazione insieme e amicizia per un uomo sì splendidamente dipinto da un poeta, il quale non è liberale di lodi. Dante, viaggiando nel Purgatorio, incontra l'ombra di Sordello, e così la designa:
     
      Venimmo a lei: O anima Lombarda,
      Come ti stavi altera e disdegnosa,
      E nel mover degli occhi onesta e tarda!
      Ella non ci diceva alcuna cosa:
      Ma lasciavane gir, solo guardandoA guisa di leon quando si posa.
     
      Ma quantunque l'Italia cominciasse a possedere una lingua letteraria e nazionale, le sue varie provincie e città non però cessavano - nè mai cesseranno - dal parlare dialetti stranamente diversi fra loro.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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