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      Sì fatte metamorfosi non appariranno fenomeni a chiunque non perderà mai d'occhio il principio generale da noi stabilito, perchè deriva dalla storia di tutte le lingue, e che non cesseremo d'applicare, perchè è principalmente efficace a farci conoscere i primordj, i progressi, le vicissitudini e lo stato attuale della italiana letteratura; - ed è: che le lingue si trasformano e si moltiplicano unicamente per mezzo della pronunzia. Il romano rustico essendo più parlato che scritto, il suono di ogni sua parola si cangiò in varie guise a norma degli organi e de' linguaggi anteriori di ciascun popolo: onde il latino presbyter divenne prevete- prêtre- prete - priest; e la sua origine, benchè non possa più omai rintracciarsi oltre al PRESBIS de' Greci, deve essere certamente molto più antica. - Al contrario, se una lingua è più scritta che parlata, s'imbarbarisce per neologismi, per durezza di costruzioni, per ineleganza d'idiotismi e per assoluta povertà di native grazie spontanee. Tuttavia, non soggiacendo al potere arbitrario impercettibile e invisibile delle pronunzie popolari, serba perpetuamente le sue prime forme. Il latino curiale ed ecclesiastico scritto e letto sempre, ma pronunziato di rado nel medio evo, si guastava, ma non però trasformavasi; perchè ogni sua parola era fedelmente seguita con obbedienza passiva dall'occhio de' lettori, e gli scrittori per riconoscerla preservavano scrupolosi la medesima ortografia. La parola presbyter infatti era un barbaro neologismo ignoto agli autori classici, e cominciò ad essere usato nel terzo secolo da' Padri della chiesa, quando la religione cristiana introducevasi quasi contemporaneamente in tutti i dominj romani: pur nondimeno d'indi in qua continuò ad essere scritto ad un modo, e inteso da chiunque sa di latino.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





Greci Padri