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      Anzi il favore che la poesia godeva alla corte di Federigo era in quei tempi nell'opinione di molti scrittori guelfi una prova evidente della dissolutezza de' costumi e dell'empietà di Federigo e del suo cancelliere; chè Pietro, come il suo signore, componeva canzoni. E Federigo doveva essere un principe veramente magnanimo, perchè, essendo poeta egli stesso, si compiaceva di confessare che i versi del suo ministro erano migliori de' suoi. Federigo, nondimeno, e suo figlio Enzo, considerata l'infanzia della lingua, destano qui e là ne' loro versi grandissima ammirazione.
      Nel seguente squarcio, tratto dalle reliquie delle poesie di Federigo scritte nella lingua romanza siciliana, noi troviamo il fondo dell'italiano che si scrive a' dì nostri. Basterebbe alterare leggermente la ortografia siciliana, e invece di aggio e partiraggio scrivere ho e partirò, e togliere le traccie di barbara latinità, eo invece di ego e meo invece di meus, e farne io e mio; queste ed altre poche alterazioni varrebbero a far credere ad ogni lettore non profondamente versato nella lingua, che la stanza ch'io recito appartenga ad autore moderno:
     
      Poichè ti piace, Amore,
      Ch'eo deggia trovare,
      Farò omne mia possanzaCh'eo venga a compimento.
      Dato aggio lo meo coreIn voi, Madonna, amare,
      E tutta mia speranzaIn vostro piacimento.
      E non mi partiraggioDa voi, Donna valente,
      Ch'eo v'amo dolcemente;
      E piace a voi ch'eo aggia intendimento.
      Valimento mi date, Donna fina,
      Chè lo meo core ad esso a voi s'inchina.
     
      Di suo figlio Enzo riportiamo semplicemente i seguenti versi di merito pari, se non superiori a quelli del padre:


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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