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      Ecco pena dogliosaChe nello cor m'abbonda
      E spande per li membri,
      Sė che a ciascun ne vien soverchia parte.
      Giorno non ho di posaCome nel mare l'onda:
      Core, che non ti smembri?
      Esci di pene, e dal corpo ti parte:
      Ch'assai val meglio un'oraMorir, che ognor penare!
     
      L'impresa, che noi riguardiamo quasi pių che umana, di creare una nuova lingua letteraria fu avanzata e consumata da Dante; ma riescirā meno maravigliosa per chi considera che non fu incominciata da lui, ma che egli fu incoraggiato in sė difficile via da' poeti che lo precedettero. Pietro delle Vigne fu certamente il primo, se non il maggiore, cent'anni innanzi Dante, e in un'epoca in cui gl'Italiani parlavano un gergo latino mutilato nelle sue terminazioni, e imbarbarito da parole e frasi e pronunzie introdotte da' popoli del Nord. Il gusto corretto, l'orecchio musicale di Pietro lo ajutarono a trascegliere le pių schiette parole, a legarle con frasi eleganti e a collegarle nella misura de' versi in maniera che fossero proferite con rotonditā e melodia. Cosė ne' versi seguenti non v'č un unico sgrammaticamento di sintassi, nč un modo di esprimersi inelegante, nč un solo vocabolo che possa parere troppo antico:
     
      Non dico che alla vostra gran bellezzaOrgoglio non convenga e stiale bene;
      Chč a bella donna orgoglio si convene,
      Che la mantene - in pregio ed in grandezza:
      Troppa alterezza - č quella che sconvene.
      Di grande orgoglio mai ben non avvene.
     
      E la seguente strofa d'un'altra delle sue Canzoni, a nostro avviso, vuolsi reputare una delle pių vaghe gemme della poesia anteriore a Dante:


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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