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      Questa lingua, tuttochè applicata da principio alla poesia dell'Iliade e dell'Odissea, riesciva in seguito attissima a lasciarsi imitare da tutti in ogni altro genere di composizione; e quindi a contribuire materiali infiniti alle osservazioni pratiche, e a' precetti e a' principj perpetui dello stile de' poeti, degli storici e degli oratori di tutta la Grecia. La poesia d'Omero infatti è narrativa insieme e drammatica, e senza raffinamento veruno di lingua o di stile. È grande nelle invenzioni, originale e ricca ne' caratteri, fiera nelle passioni, caldissima ed evidente nelle sue scene diverse; ma nelle parole procede costantemente semplice, e naturalmente grammaticale. Le sue frasi non sono mai troppo pregne di metafore, e non mai applicate a idee metafisiche, nè a pensieri o sentimenti che non siano, per così dire, tangibili. Cosicchè, se vi si togliesse il metro de' versi, e l'Iliade e l'Odissea si riducessero in prosa, parrebbero storie romanzesche e meravigliose come mille altre che a' dì nostri si scrivono in lingue e stili mille volte peggiori, e che trovano infinitamente maggior numero di lettori che non i poemi d'Omero.
      La lingua poetica di Dante, al contrario, è talvolta sublime, talvolta strana, e spesso ineguale; ma non mai facile ad essere nè imitata dagli scrittori, nè osservata con frutto da' legislatori di lingua. Quindi non ha potuto, nè potrà mai servire di modello a composizioni in prosa. Nel tempo stesso fu lingua soggetta anch'essa a leggi rigorosissime; ma furono inventate da chi la creò, e per non essere applicate fuorchè da lui solo, e in quel suo genere di poesia.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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