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      Però il fiorentino quanto più diveniva lingua italiana, tanto era più scritto e meno parlato; tanto più era spogliato d'ogni sembianza popolare e municipale; e tanto più il concorso degli scrittori lo arricchì variamente di forme o create di pianta, o trovate per mezzo d'antiche e nuove frasi e parole ringiovenite, combinate con arte. Intendi sanamente, non l'arte vanissima de' retori e de' grammatici; ma sì quel tanto d'arte suggerita ad ogni uomo dall'ingegno suo proprio, e che, per essere dono di natura spontaneo, ciascheduno l'usa com'ei lo possiede; e chi più n'ha, più l'esercita, e trova, quasi per ispirazione, assai modi a diffondere sembianze nuovissime e geniali pur sempre alla lingua. Pur altri mille ornamenti sono meretricj, e mille altri sembrano barbari. Alcuni scrittori per vanità di stile purissimo, non avendo calore da ravvivare le grazie che disotterrano da vecchi libri, le lasciano cadaveriche, e pur se ne giovano; altri, per necessità d'idee ignote agli antichi, si accattano parole e frasi da' forestieri, e non le adoprano in guisa che si confacciano spontaneamente alla lingua. Ma nè i puristi sarebbero accusati di pedanteria, nè gli innovatori di barbarismo, se chiunque scrive potesse insignorirsi dell'arte d'introdurre nel suo stile alcuni vocaboli e modi di dire antichissimi e forestieri sì facilmente, che pajano piuttosto invitati che intrusi.
     
      DISCORSO QUARTO
     
      EPOCA QUARTADALL'ANNO 1350 AL 1400
     
      Siamo oggimai all'epoca del Boccaccio, o a dir più giusto, del Decamerone, sul quale per più secoli i principj, gli esempi di tutte le regole, e le grammatiche, e il Grande Dizionario della lingua Italiana si sono fondati.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





Boccaccio Decamerone Grande Dizionario Italiana