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      Così la verità prodotta dall'esperienza, e i consigli usciti dal cuore paterno che riempiono quell'operetta, compenserebbero la poca eleganza dello stile. Ma il Pandolfini era anche scrittore puro, grazioso e lontanissimo del pari dall'affettazione di brevità e dalla verbosità più comune degli autori di dialoghi didattici in tutte le lingue. Forse, senza le qualità esteriori della composizione, il merito intrinseco de' precetti non sarebbe stato mai ricordato. Del resto, i buoni consigli de' libri servono piuttosto alla storia delle opinioni umane, che alla direzione pratica della vita. Bensì in quel libretto del Pandolfini si trovano le traccie di molti usi privati, che giovano a lasciar distinguere il carattere degli abitatori d'una piccola repubblica, i quali ordinavano la loro economia domestica in maniera da spendere in un anno meno danaro che non bastava a un feudatario negli altri paesi per la sua spesa d'un mese. E per mezzo di tanta frugalità edificavano palazzi oggi abitati da' loro posteri, e pubblici monumenti che saranno ammirati ancora per molti secoli; si costituivano banchieri di tutta l'Europa, e tesorieri de' regni, e maritavano le loro figliuole in case di principi.
      Quanto alla perdita subitanea della lingua letteraria, questo singolarissimo avvenimento viene attribuito primamente alla corruzione del dialetto fiorentino; - in secondo luogo alla mancanza assoluta di principj e metodi preordinati dalla grammatica; - finalmente al costume di scrivere tutte le opere dotte in latino.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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