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      La differenza de' dialetti cagionata dalla diversa pronunzia d'una stessa lingua in ragione della distanza delle provincie, di uno stesso regno, succede quasi ad un modo nella stessa città, in ragione della distanza del tempo. V'è nella natura d'ogni cosa dell'universo un corso insensibile, uniforme e inevitabile; e ciò apparisce ogni qual volta gli oggetti possono soggiacere all'esame de' nostri sensi. Alcune lingue hanno gli stessi segni alfabetici in tutti i secoli; e nondimeno le forme dell'alfabeto si mutano in ogni secolo in guisa, che le loro varietà bastano agli uomini pratichi a distinguere senza data e senza indicazione veruna le carte scritte in ogni secolo; e s'ingannano raramente. La peculiarità che si vede nella scrittura d'ogni individuo, sì che riesce difficile ad imitarsi, appartiene egualmente alla scrittura d'ogni secolo, anzi d'ogni generazione. E nondimeno l'occhio e la mano d'ogni generazione seguono precisamente gli stessi segni alfabetici tracciati da' padri e dagli avi. Or chi non sa che l'occhio è più fedele imitatore, che non è l'orecchio? e che i segni tracciati su la carta sono più permanenti de' suoni che volano per la bocca del popolo? e che la pronunzia, e quindi la lingua parlata, si muta, si corrompe e migliora e si trasforma in mille maniere più prestamente della lingua scritta?
      Se non che ogni illusione de' dotti intorno a questo punto deriva unicamente dal poco accorgersi, che ogni uomo può vedere da sè stesso e distinguere l'alfabeto delle stesse forme e delle stesse parole scritto con varietà distinte di tempo in tempo; ma che niuna erudizione, niun metodo, niun principio metafisico (se pur non fosse divina ispirazione) potrà mai dare la medesima certezza di fatto intorno alla pronunzia.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176