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      È, come tutte le altre, una lingua suggerita naturalmente dai bisogni dell'uomo, e perciò facilissimamente creata; e potrebbe anche chiamarsi lingua d'espediente: ma è alterata e spesso distrutta con la stessa facilità. Ne troviamo tuttavia una che sussiste da lungo tempo in forme bizzarre, ma non dissimili fra di loro, in tutte le coste del Mediterraneo sino a Costantinopoli, sotto il nome di lingua franca; e per essa i mercanti d'ogni religione e nazione s'intendono nelle fiere, alle quali concorrono a commerciare. Ogni viaggiatore in que' paesi la parla, perchè è costretto a parlarla; la impara facilmente, perchè consiste di parole necessarie a' bisogni giornalieri e comunissimi della vita; e appena cessa il bisogno di spiegare le stesse idee con quelle parole, la lingua itineraria viene dimenticata ad un tratto.
      Doveva dunque una lingua comune di questa specie esistere in Italia anche nel medio evo; e partecipò altresì di apparenze di letteratura, dopo che fu diffusa perpetuamente da' frati di San Domenico e di San Francesco, che vagavano di città in città predicando in tutte le chiese e su per le piazze. E certo a' frati spetta una parte del merito d'avere fino d'allora ampliati gli strettissimi confini della lingua comune, d'averla applicata a soggetti non volgari, ed avvezzata la plebe d'ogni città italiana ad intenderla ed a credere che, oltre i loro gerghi municipali, esisteva una lingua nazionale. Aggiungevasi un'altra specie di ciurmadori più modesti e più gaj, che involontariamente anch'essi andavano al medesimo scopo.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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