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      Erano i novellatori e narratori delle lunghe storie miracolose di Carlo Magno, celebrate sino dal secolo undecimo in leggende d'ogni maniera, e soprattutto dal romanzo attribuito all'arcivescovo Turpino, e che allora passava per autentico. Tutte le meraviglie ch'oggi leggiamo ne romanzi e poemi che hanno per soggetto i Paladini erano allora raccontate al popolo dai novellatori; e quest'uso rimase in alcune città, e specialmente in Venezia e in Napoli sino a questi ultimi anni. Chiunque non sapeva leggere si raccoglieva quasi ogni sera d'estate intorno al novellatore su la riva del mare, ascoltando con attenzione. Ora i novellatori essendo anch'essi per lo più itineranti nel medio evo, propagavano la lingua comune arricchita delle parole necessarie a descrivere dame, cavalieri erranti, guerre e imprese di giganti e di fiere, palazzi reali e incantati; e aprendo alla immaginazione del popolo nuovi mondi, lo accostumavano a una lingua meno volgare.
      Poi nel secolo decimoquinto, mentre la lingua corretta, nobile ed elegante si guastò d'improvviso, i novellatori di Carlo Magno si divisero in due classi. Gli uni continuavano a divertire le loro assemblee su le strade. Gli altri a scrivere quelle meraviglie in rima, e farne poemi lunghissimi, interminabili, che non tardarono ad essere cantati in versi, spiegati in prosa, e commentati al volgo in lingua italiana itineraria, come i dotti commentavano in latino dalle lor cattedre la Divina Commedia di Dante. A noi, che appena udiamo d'ora in ora i titoli di que' poemi, pare impossibile che possano avere realmente esistito in sì gran numero, celebri di tanta popolarità, e giacersi oggi al tutto dimenticati.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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