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      Frattanto concluderemo quest'epoca, a ricominciare nella seguente a parlare del regno del Decamerone del Boccaccio. A chi guarda alla infinita letteratura diffusa verso la fine di questo secolo e sul principio del seguente in Italia; quanti ingegni fiorivano illustri in ogni Università; come pensando e scrivendo di filosofia metafisica su le opere d'Aristotile e di Platone, faceano scoppiare mille nuove e arditissime idee dalle antiche; come la storia de' fatti moltiplicavasi per le scoperte recenti dell'America e della stampa, e la libertà della mente s'esercitava per le controversie ne' nuovi scismi di religione; e quanto le guerre perpetue di Carlo V, e le mutazioni improvvise ne' governi d'Europa e nelle pubbliche e private fortune eccitavano le passioni degli Italiani, e raffinavano le arti e gli studj della politica: - l'Italia era il campo delle battaglie, e Roma era confederata, o nemica potente, o mediatrice interessata, e per lo più instigatrice de' principi; e i loro consigli erano direttamente o indirettamente agitati da uomini di chiesa; e pochi senza molto sapere si meritavano le ecclesiastiche dignità i professori di letteratura sentivano ed illustravano gli autori greci e romani, e rari uscivano allievi dalle scuole che non intendessero il greco, e tutti scrivevano il latino, e insegnavanlo fino alle giovinette: per la diffusione della letteratura prosperava la gloria delle belle arti; e l'Italia pareva emporio di dottrina, di eleganze e di lusso per tutta l'Europa: - e a chi guarda ad un tempo all'Italia tutta quanta in quel secolo affaccendarsi in sottigliezze grammaticali; e gli uomini celebrati contendere, e sempre senza intendersi e senza termine, per questioni peggio che inutili; e consentire pur nondimeno a riconoscere come unico codice a sciogliere tante liti, e quasi ispirato legislatore di stile il Decamerone delle novelle del Boccaccio, mentre le liti a ogni modo sorgevano da quel libro, e ogni uomo interpretandolo variamente, le liti rigermogliavano a mille per una, e s'intricavano sì enigmatiche che, tutti insegnando grammatica, niuno sapeva come s'avesse da scrivere: - certo, sì fatto stato simultaneo di vigore nelle passioni, negl'ingegni e nelle lettere, e di miseria nella lingua d'una nazione, pare al tutto fuor di natura e incredibile.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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