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      Infatti il Davanzati traducendo scrisse in modo sì originale, che non fu poscia, nè sarà mai imitato da veruno: ed è tanto vero che gli scrittori i quali lo hanno preceduto non hanno lasciato neppur l'ombra di sì fatta maniera di composizione; e tanto egli sapeva maneggiare la lingua, che con tutti i disavvantaggi degli articoli, la traduzione stampata a fronte del testo riesce in ogni pagina più breve dell'originale. Ma il popolo fiorentino non ha mai parlato nè poteva parlare a quel modo. Ben il Davanzati usò de' riboboli ed idiotismi del mercato, e talor n'abusò, ma non servono che di vernice. Chiunque sparpagliasse sopra ogni periodo di Tacito uno o due vocaboli o modi di dire tolti dalle Commedie di Plauto, invece di quelli adoperati dallo storico, avrebbe precisamente nell'originale latino quel libro, quale pare ed è nella traduzione italiana. E chi d'altra parte, sottraendo gl'idiotismi municipali e plateali della traduzione, li supplisse con dizioni più signorili, non nuocerebbe punto alla brevità, gioverebbe alla dignità, ed avrebbe la traduzione più meravigliosa che sia mai stata fatta. La massa delle parole e le frasi appartengono, nello stile del Davanzati, alla lingua letteraria d'Italia; e o non furono usate mai nel dialetto fiorentino, o se furono usate da' Fiorentini nel discorso giornaliero, essi usandole le corruppero e le trasfigurarono di generazione in generazione. Onde le cagioni reali dello straordinario modo di scrivere del Davanzati derivarono dall'indole del suo ingegno, dall'indole dello stile di Tacito, e dall'indole della lingua italiana.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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