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      Conterò allora con fioca voce le nostre umili storie a' miei e a' tuoi nepotini, o a quei di Teresa che mi scherzeranno dattorno. E quando le ossa mie fredde dormiranno sotto quel boschetto alloramai ricco ed ombroso, forse nelle sere d'estate al patetico susurrar delle fronde si uniranno i sospiri degli antichi padri della villa, i quali al suono della campana de' morti1 pregheranno pace allo spirito dell'uomo dabbene e raccomanderanno la sua memoria ai lor figli. E se talvolta lo stanco mietitore verrà a ristorarsi dall'arsura di giugno, esclamerà guardando la mia fossa: Egli egli innalzò queste fresche ombre ospitali! – O illusioni! e chi non ha patria, come può dire lascierò qua o là le mie ceneri?
      O fortunati! e ciascuno era certoDella sua sepoltura; ed ancor nullo
      Era, per Francia, talamo deserto.
      Dante, Paradiso, XV.
      20 Novembre
      Più volte incominciai questa lettera: ma la faccenda andava assai per le lunghe; e la bella giornata, la promessa di trovarmi alla villa per tempo, e la solitudine – ridi? – L'altr'jeri, e jeri mi svegliava proponendo di scriverti; e senza accorgermi, mi trovava fuori di casa.
      Piove, grandina, fulmina: penso di rassegnarmi alla necessità, e di giovarmi di questa giornata d'inferno, scrivendoti. – Sei o sette giorni addietro s'è iti in pellegrinaggio. Io ho veduto la Natura più bella che mai. Teresa, suo padre, Odoardo, la piccola Isabellina, ed io siamo andati a visitare la casa del Petrarca in Arquà. Arquà è discosto, come tu sai, quattro miglia dalla mia casa; ma per più accorciare il cammino prendemmo la via dell'erta.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
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