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      Ma quando mi s'affacciò quello sciagurato, quantunque da tre anni quasi io non lo rivedeva, m'intesi ardere tutte le membra; eppur mi contenni. Ma doveva egli con nuovi frizzi inasprire l'antico mio sdegno? Io ruggiva quel giorno come un leone, e mi pareva che l'avrei sbranato, anche se l'avessi trovato nel santuario.
      Due giorni dopo, il codardo scansò le vie dell'onore, ch'io gli aveva esibite; e tutti gridavano la crociata contro di me, come s'io avessi dovuto tranguggiarmi pacificamente una ingiuria da colui, che ne' tempi addietro mi aveva mangiato la metà del cuore. Questa galante gentaglia affetta generosità, perché non ha coraggio di vendicarsi a visiera alzata; ma chi vedesse i notturni pugnali, e le calunnie, e le brighe! – E dall'altra parte io non l'ho soperchiato. Gli dissi: Voi avete braccia, e petto al pari di me, ed io sono mortale come voi. Ei pianse, e gridò; ed allora la ira, quella furia mia dominatrice, cominciò ad ammansarsi, perché dall'avvilimento di lui mi accorsi che il coraggio non deve dare diritto per opprimere il debole. Ma deve per questo il debole provocare chi sa trarne vendetta? Credimi: ci vuole una stupida bassezza o una sovrumana filosofia per lasciarsi a beneplacito d'un nemico che ha faccia impudente, anima negra, e mano tremante.
      Frattanto l'occasione mi ha smascherato tutti que' signorotti, che mi giuravano sviscerata amicizia; che ad ogni mia parola faceano le meraviglie; e che ad ogni ora mi proferivano la loro borsa e il lor cuore. Sepolture! bei marmi, e pomposi epitaffi: ma schiudili, vi trovi vermi e fetore.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
pagine 175