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      La sua fossa è il solo palmo di terra ch'io degni di chiamar mio. Niuno, fuori di me, ne sa il luogo. L'ho coperta di folti rosaj i quali fioriscono come un giorno fioriva il suo volto, e diffondono la fragranza soave che spirava il suo seno. Ogni anno nel mese delle rose io visito il sacro boschetto. Siedo su quel cumulo di terra che serba le sue ossa; colgo una rosa, e – sto meditando: Tal tu fiorivi un dì! E sfoglio quella rosa, e la sparpaglio – e mi rammento quel dolce sogno de' nostri amori. O mia Gliceria, ove sei tu? una lagrima cade su l'erba che spunta su la sepoltura, e appaga l'ombra amorosa”.
      Tacqui. – Perchè non leggete? diss'ella sospirando e guardandomi. Io rileggeva: e tornando a proferire nuovamente: Tal tu fiorivi un dì! la mia voce fu soffocata; una lagrima di Teresa grondò su la mia mano che stringeva la sua.
      17 AprileTi risovviene di quella giovinetta che quattro anni fa villeggiava appie' di queste colline? era la innamorata del nostro Olivo P***, e tu sai com'ei impoverì, né poté più averla in isposa. Oggi io l'ho riveduta accasata a un titolato, parente della famiglia T***. Passando per le sue possessioni, venne a visitare Teresa. Io sedeva per terra sul tappeto, e attentissimo all'esemplare della mia Isabellina che scorbiava l'abbiccì sopra una sedia. Com'io la vidi, m'alzai correndole incontro quasi quasi per abbracciarla: – quanto diversa! contegnosa, affettata, penò a ravvisarmi, e poi fece le maraviglie masticando un complimentuccio mezzo a me, mezzo a Teresa – e scommetto che la mia vista non preveduta l'ha sconcertata.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
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