Pagina (63/175)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Le sue vesti mi lasciavano trasparire i contorni di quelle angeliche forme; e l'anima mia le contemplava e – che posso più dirti? tutto il furore e l'estasi dell'amore mi aveano infiammato e rapito fuori di me. Io toccava come un divoto e le sue vesti e le sue chiome odorose e il mazzetto di mammole ch'essa aveva in mezzo al suo seno – sì sì, sotto questa mano diventata sacra ho sentito palpitare il suo cuore. Io respirava gli aneliti della sua bocca socchiusa – io stava per succhiare tutta la voluttà di quelle labbra celesti – un suo bacio! e avrei benedette le lagrime che da tanto tempo bevo per lei – ma allora allora io la ho sentita sospirare fra il sonno: mi sono arretrato, respinto quasi da una mano divina. T'ho insegnato io forse ad amare, ed a piangere? e cerchi tu un breve momento di sonno perché ti ho turbato le tue notti innocenti e tranquille? a questo pensiero me le sono prostrato davanti immobile immobile rattenendo il sospiro – e sono fuggito per non ridestarla alla vita angosciosa in cui geme. Non si querela, e questo mi strazia ancor più: ma quel suo viso sempre più mesto, e quel guardarmi con pietà, e tacere sempre al nome di Odoardo, e sospirare sua madre – ah! il cielo non ce l'avrebbe conceduta se non dovesse anch'essa partecipare del sentimento del dolore. Eterno Iddio! esisti tu per noi mortali? O sei tu padre snaturato verso le tue creature? So che quando hai mandato su la terra la Virtù, tua figliuola primogenita, le hai dato per guida la Sventura. Ma perché poi lasciasti la Giovinezza e la Beltà così deboli da non poter sostenere le discipline di sì austera istitutrice?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
pagine 175

   





Odoardo Iddio Virtù Sventura Giovinezza Beltà