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      Allontanata da sua madre, senza consiglio e senza conforto, atterrita dal suo stato futuro, e dalla virtù e dall'amore, diventò solitaria, non parlava quasi mai, leggeva sempre, trascurava e il disegno, e la sua arpa, e il suo abbigliamento, e fu spesso sorpresa dai famigliari con le lagrime agli occhi. Scansava la compagnia delle giovinette sue amiche che a primavera villeggiavano a' colli Euganei; e dileguandosi a tutti e alla sua sorellina, sedeva molte ore ne' luoghi più appartati del suo giardino. Regnava quindi in quella casa un silenzio e una certa diffidenza che turbarono lo sposo trafitto anche da' modi sdegnosi di Jacopo incapace di simulazione. Naturalmente parlava con enfasi; e sebbene conversando fosse taciturno, fra' suoi amici era loquace, pronto al riso, e ad una allegria schietta, eccessiva. Ma in que' giorni le sue parole ed ogni suo atto erano veementi e amari come l'anima sua. Istigato una sera da Odoardo che giustificava il trattato di Campo Formio, si diede a disputare, a gridare come un invasato, a minacciare, a percuotersi la testa, e a piangere d'ira. Avea sempre un'aria assoluta; ma il signore T*** mi raccontava che allora o stava sepolto ne' suoi pensieri, o se discorreva, s'infiammava d'improvviso; i suoi occhi metteano paura, e talvolta fra il discorso gli abbassava inondati di pianto. Odoardo si fe' più circospetto, e sospettò del cangiamento di Jacopo.
      Così passò tutto Giugno. Il misero giovine diveniva ogni dì più tetro ed infermo; né scriveva più alla sua famiglia, né rispondeva alle mie lettere.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
pagine 175

   





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