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      L'oppio non giova; mi desta dopo brevi letarghi pieni di visioni e di spasimi – e sono più notti! – Ora mi sono alzato per provarmi di scriverti; ma non mi regge più il polso. – Tornerò a coricarmi. Pare che l'anima mia siegua lo stato negro e burrascoso della Natura. Sento diluviare: e giaccio con gli occhi spalancati. Dio mio! Dio mio!
      Bologna, 12 Agosto
      Oramai sono passati diciotto giorni da che Michele è ripartito per le poste, né torna ancora: e non veggo tue lettere. Tu pure mi lasci? Per Dio, scrivimi almeno: aspetterò sino a lunedì, e poi prenderò la volta di Firenze. Qui tutto il giorno sto in casa perché non posso vedermi impacciato fra tanta gente; e la notte vo baloccone per città come larva, e mi sento sbranare le viscere da tanti indigenti che giacciono per le strade, e gridano pane; non so se per loro colpa, o d'altri – so che domandano pane. Oggi tornandomi dalla posta mi sono abbattuto in due sciagurati menati al patibolo: ne ho chiesto a quei che mi si affollavano addosso; e mi è stato risposto, che uno avea rubato una mula, e l'altro cinquantasei lire per fame14. Ahi Società! E se non vi fossero leggi protettrici di coloro che per arricchire col sudore e col pianto de' proprj concittadini li sospingo al bisogno e al delitto, sarebbero poi sì necessarie le prigioni e i carnefici? Io non sono sì matto da presumere di riordinare i mortali; ma perché mi si contenderà di fremere su le loro miserie e più di tutto su la lor cecità? – E mi vien detto che non v'ha settimana senza carneficina; e il popolo vi accorre come a solennità. I delitti intanto crescono co' supplizj.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
pagine 175

   





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