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      Mi disse: Io conobbi famigliarmente uno scolare che era dì e notte a Padova con voi – e ti nominò – quanto tempo è ormai ch'io non ne odo novella! ma spero che la fortuna non gli sarà così iniqua. Io studiava allora – non ti dirò, mio Lorenzo, chi egli è. Dovrò io contristarti con le sciagure di un uomo che hai conosciuto felice, e che tu forse ami ancora? è troppo anche se la sorte ti ha condannato ad affliggerti sempre per me.
      Ei proseguiva: Oggi venendo da Albenga, prima di arrivare nel paese v'ho scontrato lungo la marina. Voi non vi siete avveduto com'io mi voltava spesso a considerarvi, e mi parea di avervi raffigurato; ma non conoscendovi che di vista, ed essendo scorsi quattro anni, sospettava di sbagliare. Il vostro servo poi mi accertò.
      Lo ringraziai perch'ei fosse venuto a vedermi; gli parlai di te; e voi mi siete anche più grato, gli dissi, perché m'avete recato il nome di Lorenzo. – Non ti ripeterò il suo doloroso racconto. Emigrò per la pace di Campo Formio, e s'arruolò Tenente nell'artiglieria Cisalpina. Querelandosi un giorno delle fatiche e delle angarie che gli parea di sopportare, gli fu da un amico suo proferito un impiego. Abbandonò la milizia. Ma l'amico, l'impiego, e il tetto gli mancarono. Tapinò per l'Italia, e s'imbarcò a Livorno. – Ma mentr'esso parlava, io udiva nella camera contigua un rammarichio di bambino e un sommesso lamento; e m'avvidi ch'egli andavasi soffermando, e ascoltava con certa ansietà: e quando quel rammarichio taceva, ei ripigliava.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
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