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      E senza versare più lagrima, benedisse di nuovo con voce sicura il figliuolo; ed ei le ribaciò la mano, e la baciò in volto.
      Io stava piangente: dopo avermi abbracciato, mi promise di scrivermi, e mosse il passo, dicendomi: Presso alla madre mia ti sovverrai santamente della nostra amicizia. E rivoltosi alla madre, la guardò un pezzo senza far motto; e partì. Giunto in fondo alla strada, si rivolse, e ci salutò con la mano e ci mirò mestamente, come se volesse dirci che quello era l'ultimo sguardo.
      La povera madre ristette su la porta quasi sperando ch'ei tornasse a risalutarla. Ma togliendo gli occhi lagrimosi dal luogo dond'ei se l'era dileguato, s'appoggiò al mio braccio e risaliva dicendomi: Caro Lorenzo, mi dice il cuore che non lo rivedremo mai più.
      Un vecchio sacerdote di assidua famigliarità nella casa dell'Ortis, e che gli era stato maestro di greco, venne quella sera e ci narrò, come Jacopo era andato alla chiesa dove Lauretta fu sotterrata. Trovatola chiusa, voleva farsi aprire a ogni patto dal campanaro; e regalò un fanciullo del vicinato perché andasse a cercare del sagrestano che aveva le chiavi. S'assise, aspettando, sopra un sasso nel cortile. Poi si levò e s'appoggiò con la testa su la porta della chiesa. Era quasi sera; quando accorgendosi di gente nel cortile, senza più aspettare, si dileguò. Il vecchio sacerdote aveva risaputo queste cose dal campanaro. Seppi alcuni giorni dopo, che Jacopo sul fare della notte era andato a visitare la madre di Lauretta. Era, mi diss'ella, assai tristo; non mi parlò mai della mia povera figliuola, né io l'ho nominata mai per non accorarlo di più: scendendo le scale, mi disse: Andate, quando potrete, a consolare mia madre.


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Ultime lettere di Jacopo Ortis
di Ugo Foscolo
pagine 175

   





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