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      Iniquo però sempre, e contradittorio sarebbe o il chiedere condizioni, che rendessero infelici, e miseri que' popoli(203) (sia colla privazion d'ogni commercio, o con altro insopportabile giogo) o il domandar patti, che mettessero chi l'accorda in rischio d'irritar giustamente l'altro guerreggiante(204). Qual cosa in fatti è più contradittoria, che accordando la neutralità verso sè il richieder patti, per gli quali venisse a farsi perdere, o vacillare rispetto all'altro guerreggiante?
      Ciò, che ho detto de' giusti limiti delle condizioni in un trattato stipulato collo stesso guerreggiante s'applica molto più fondatamente al secondo caso, cioè a quello d'un Sovrano, che sia soltanto legalmente presunto non aver da essere del tutto imparziale. Le presunzioni, ed i sospetti avendo indefiniti gradi, le precauzioni, e il gius di sicurezza si graduano in conformità di quelli; nè è mai giusto, che la pretensione di premunirsi ecceda, e sorpassi i gradi del timore(205)
      Ma quando la quiete, e la forzosa neutralità è imposta come condizione d'un diseguale trattato dopo le vicende d'una guerra, i confini di quel, che sia lecito esiggere dal succombente per obbligarlo alla quiete della neutralità sono di gran lunga più ampj, e più distesi, come quelli, che si misurano sulla stessa misura delle condizioni tral vincitore, e il vinto. Maggiore è anche la presunzione delle occulte intenzioni di colui, che mal suo grado cessa dall'armeggiare, dovendo credersi di lui, che penserà a far quanto potrà, e subito che lo potrà per sottrarsi ad una dura legge impostagli(206). Pure egli è certo non potersi spingere all'infinito senza iniquità il diritto di sicurezza anche contro un umiliato avversario.


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De' doveri de' principi neutrali verso i principi guerreggianti e di questi verso i neutrali
Libri due
di Ferdinando Galiani
1782 pagine 527

   





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