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      Oltre che già venite a dichiararvi come non vi basta piú la maggior velocità, ma ricercate una terza condizione per definire il movimento semplice, per il quale Aristotile si contentò d'una sola, cioè della semplicità dello spazio; ma ora, secondo voi, il moto semplice sarà quello che vien fatto sopra una linea semplice, con certa determinata velocità, da un corpo mobile semplice. Or sia come a voi piace, e torniamo ad Aristotile, il qual mi definí, il moto misto esser quello che si compone del retto e del circolare; ma non mi trovò poi corpo alcuno che fusse naturalmente mobile di tal moto.
      SALV. Torno dunque ad Aristotile, il quale, avendo molto bene e metodicamente cominciato il suo discorso, ma avendo piú la mira di andare a terminare e colpire in uno scopo, prima nella mente sua stabilitosi, che dove dirittamente il progresso lo conduceva, interrompendo il filo ci esce traversalmente a portar come cosa nota e manifesta, che quanto a i moti retti in su e in giú, questi naturalmente convengono al fuoco ed alla terra, e che però è necessario che oltre a questi corpi, che sono appresso di noi, ne sia un altro in natura al quale convenga il movimento circolare, il quale sia ancora tanto piú eccellente, quanto il moto circolare è piú perfetto del moto retto: quanto poi quello sia piú perfetto di questo, lo determina dalla perfezion della linea circolare sopra la retta, chiamando quella perfetta, ed imperfetta questa; imperfetta, perché se è infinita, manca di fine e di termine; se è finita, fuori di lei ci è alcuna cosa dove ella si può prolungare.


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Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano
di Galileo Galilei
Einaudi Torino
1970 pagine 608

   





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