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      SIMP. Aristotile, come quello che non si prometteva del suo ingegno, ancorché perspicacissimo, piú di quello che si conviene, stimò, nel suo filosofare, che le sensate esperienze si dovessero anteporre a qualsivoglia discorso fabbricato da ingegno umano, e disse che quelli che avessero negato il senso, meritavano di esser gastigati col levargli quel tal senso: ora, chi è quello cosí cieco che non vegga, le parti della terra e dell'acqua muoversi, come gravi, naturalmente all'ingiú, cioè verso il centro dell'universo, assegnato dall'istessa natura per fine e termine del moto retto deorsum; e non vegga parimente, muoversi il fuoco e l'aria all'insú rettamente verso il concavo dell'orbe lunare, come a termine naturale del moto sursum? e vedendosi tanto manifestamente questo, ed essendo noi sicuri che eadem est ratio totius et partium, come non si deve egli dire, esser proposizion vera e manifesta che il movimento naturale della terra è il retto ad medium, e del fuoco il retto a medio?
      SALV. In virtú di questo vostro discorso, al piú al piú che voi poteste pretendere che vi fusse conceduto è che, sí come le parti della terra rimosse dal suo tutto, cioè dal luogo dove esse naturalmente dimorano, cioè, finalmente, ridotte in prava e disordinata disposizione, tornano al luogo loro spontaneamente, e però naturalmente, con movimento retto, cosí (conceduto che eadem sit ratio totius et partium) si potrebbe inferire che rimosso per violenza il globo terrestre dal luogo assegnatogli dalla natura, egli vi ritornerebbe per linea retta.


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Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano
di Galileo Galilei
Einaudi Torino
1970 pagine 608