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      SIMP. Ecco dunque che l'aria mossa potrà ancora continuar il moto a i proietti, conforme alla dottrina d'Aristotile: e ben mi pareva strana cosa che egli avesse auto a errare in questo particolare.
      SALV. Potrebbe senza dubbio, quando ella potesse continuarlo in se stessa; ma, sí come cessato il vento né le navi camminano né gli alberi si spiantano, cosí non si continuando il moto nell'aria doppo che la pietra è uscita della mano e fermatosi il braccio, resta che altro sia che l'aria quel che fa muover il proietto.
      SIMP. E come, cessato il vento, cessa il moto della nave? anzi si vede che fermato il vento, ed anco ammainate le vele, il vassello dura a scorrer le miglia intere.
      SALV. Ma questo è contro di voi, signor Simplicio, poiché fermata l'aria, che ferendo le vele conduceva il navilio, ad ogni modo senza l'aiuto del mezo ei continua il corso.
      SIMP. Si potrebbe dire che fusse l'acqua il mezo che conducesse la nave e le mantenesse il moto.
      SALV. Potrebbesi veramente dire, per dir tutto l'opposito del vero; perché la verità è che l'acqua, con la sua gran resistenza all'esser aperta dal corpo del vassello, con gran fremito gli contrasta, né gli lascia concepir a gran pezzo quella velocità che il vento gli conferirebbe, quando l'ostacolo dell'acqua non vi fusse. Voi, signor Simplicio, non dovete mai aver posto mente con qual furia l'acqua venga strisciando intorno alla barca, mentre ella velocemente spinta da i remi o dal vento, scorre per l'acqua stagnante; ché quando voi aveste badato a un tal effetto, non vi verrebbe ora in pensiero di produr simil vanità: e vo comprendendo che voi siate sin qui stato del gregge di coloro che per apprender come passino simili negozi e per acquistar le notizie de gli effetti di natura, e' non vadano su barche o intorno a balestre e artiglierie, ma si ritirano in studio a scartabellar gl'indici e i repertorî per trovar se Aristotile ne ha detto niente, ed assicurati che si sono del vero senso del testo, né piú oltre desiderano, né altro stimano che saper se ne possa.


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Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano
di Galileo Galilei
Einaudi Torino
1970 pagine 608

   





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