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      Verissimo è, che quando quello che con velocità porta le pietre, urtasse in un ritegno immobile, esse con impeto scorrerebbero innanzi, seguendone quell'effetto che tutto il giorno si vede accadere in una barca che, scorrendo velocemente, arreni o urti in qualche ostacolo, che tutti quelli che vi son dentro, colti all'improvviso, repentinamente traboccano e cascano verso dove correva il navilio; e quando il globo terrestre incontrasse un intoppo tale che del tutto resistesse alla sua vertigine e la fermasse, allora sì ch'io credo che non solamente le fiere, gli edifizii e le città, ma le montagne, i laghi e i mari si sovvertirebbero, e pur che il globo stesso non si dissipasse: ma niente di questo fa al proposito nostro, che parliamo di quel che possa seguire al moto della Terra girata uniformemente e placidamente in se stessa, ancorché con velocità grande. Quello parimente che voi dite delle canne, è in parte vero, ma non fu portato dal signor Salviati come cosa che puntualmente si assesti alla materia di cui trattiamo, ma solamente come un esempio che cosí alla grossa possa destarci la mente a piú accuratamente considerare, se crescendosi la velocità in qualsivoglia modo, con l'istessa proporzione si accresca la causa della proiezione, sì che, verbigrazia, se una ruota di dieci braccia di diametro, movendosi in maniera che un punto della sua circonferenza passasse in un minuto d'ora cento braccia, e perciò avesse impeto di scagliare una pietra, tale impeto si accresce centomila volte in una ruota che avesse un milion di braccia di diametro: il che nega il signor Salviati, ed io inclino a creder l'istesso; ma non ne sapendo la ragione, l'ho da esso richiesta, e con desiderio la sto attendendo.


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Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano
di Galileo Galilei
Einaudi Torino
1970 pagine 608

   





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