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      SIMP. La causa di quest'effetto è notissima, e ciaschedun sa che è la gravità.
      SALV. Voi errate, signor Simplicio; voi dovevi dire che ciaschedun sa ch'ella si chiama gravità. Ma io non vi domando del nome, ma dell'essenza della cosa: della quale essenza voi non sapete punto piú di quello che voi sappiate dell'essenza del movente le stelle in giro, eccettuatone il nome, che a questa è stato posto e fatto familiare e domestico per la frequente esperienza che mille volte il giorno ne veggiamo; ma non è che realmente noi intendiamo piú, che principio o che virtú sia quella che muove la pietra in giú, di quel che noi sappiamo chi la muova in su, separata dal proiciente, o chi muova la Luna in giro, eccettoché (come ho detto) il nome, che piú singulare e proprio gli abbiamo assegnato di gravità. doveché a quello con termine piú generico assegnamo virtú impressa, a quello diamo intelligenza, o assistente, o informante, ed a infiniti altri moti diamo loro per cagione la natura.
      SIMP. Parmi che quest'autore domandi assai manco di quello a che voi negate la risposta; poiché e' non vi chiede qual sia particolarmente e nominatamente il principio che muove i gravi e i leggieri in giro, ma, qualunque e' si sia, cerca solamente se voi lo stimate intrinseco o estrinseco: che se bene, verbigrazia, io non so che cosa sia la gravità, per la quale la Terra descende, so però ch'ell'è principio interno, poiché, non impedito, spontaneamente muove; ed all'incontro so che il principio che la muove in su, è esterno, ancorché io non sappia che cosa sia la virtú impressale dal proiciente.


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Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano
di Galileo Galilei
Einaudi Torino
1970 pagine 608

   





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