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      SALV. E pur persistiamo ancora in quello inveterato concetto, di non ci muover se non tanto quanto le nostre gambe ci portano. Questo che voi dite, signor Simplicio mio, è vero quando l'oggetto veduto si muove stando voi fermo a osservarlo; ma se voi sarete nel pozzo quando il pozzo e voi insieme siate portati dalla terrestre conversione, non vedete voi che né in un'ora né in mille né in eterno sarete trapassato dalla bocca del pozzo? Quello che in tal caso operi in voi il muoversi o non muoversi la Terra, non può riconoscersi nella bocca del pozzo, ma in altro oggetto separato e che non partecipi della medesima condizione, dico di moto o di quiete.
      SIMP. Tutto sta bene: ma posto che io, stando nel pozzo, sia portato di conserva con esso dal moto diurno, e che la stella da me veduta sia immobile, non essendo l'apertura del pozzo, che sola dà il passaggio alla mia vista, piú di tre braccia de i tanti milioni di braccia del resto della superficie terrestre, che la vista m'impedisce, come potrà essere il tempo della veduta sensibil parte di quello dell'occultazione?
      SALV. E pur ricadete nel medesimo equivoco: ed in effetto sete bisognoso di chi v'aiuti a uscirne. Non è, signor Simplicio, la larghezza del pozzo quella che misura il tempo dell'apparizion della stella, perché cosí la vedreste perpetuamente, essendo che perpetuamente la bocca del pozzo dà il transito alla vostra vista; ma tal misura si deve prendere dalla quantità del cielo immobile, che per l'apertura del pozzo vi resta visibile.


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Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano
di Galileo Galilei
Einaudi Torino
1970 pagine 608

   





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