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      Di questi che mi son contrarii di opinione, alcuni hanno scritto ed altri stanno scrivendo; in pubblico non si è veduto sin ora altro che due scritture, una di Accademico Incognito, e l'altra di un lettor di lingua greca nello Studio di Pisa, ed amendue le invio con la presente a V. S. Gli amici miei son di parere, ed io da loro non discordo, che non comparendo opposizioni più salde, non sia bisogno di risponder altro; e stimano che per quietar questi che restano ancora inquieti, ogn'altra fatica sarebbe vana, non men che superflua per i già persuasi; ed io devo stimar le mie conclusioni vere e le ragioni valide, poi che, senza perder l'assenso di alcuno di quei che sin da principio sentivano meco, ho guadagnato quel di molti che erano di contrario parere. Però staremo attendendo il resto, e poi si risolverà quello che parrà più a proposito.
      Vengo ora all'altra lettera di V. S. Illustrissima, condolendomi sopra modo che la pertinacia della sua infermità conturbi, con l'afflizione di V. S., la quiete di tanti suoi amici e servidori, e di me sopra tutti gli altri, travagliato altresì da più mie indisposizioni familiari, le quali, con l'impedirmi quasi continuamente tutti gli esercizii, mi tengono ricordato quanto, rispetto alla velocità de gli anni, sarebbe necessario lo stare in esercizio continuo a chi volesse lasciar qualche vestigio di esser passato per questo mondo. Or, qualunque si sia il corso della nostra vita, doviamo riceverlo per sommo dono dalla mano di Dio, nella quale era riposto il non ci far nulla; anzi non pur doviamo riceverlo in grado ma infinitamente ringraziar la sua bontà, la quale con tali mezzi ci stacca dal soverchio amore delle cose terrene e ci solleva a quello delle celesti e divine.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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