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      Era, secondariamente, necessario distinguere una costituzione da un'altra, e non indifferentemente pronunziare, il diametro visuale di Venere esser la decima parte di quel del Sole, essendo che tal diametro quando la stella è vicinissima alla Terra è più di sei volte maggiore che quando è lontanissima; la qual differenza se bene non è precisamente osservabile se non col telescopio, è nondimeno assai percettibile anco con la vista semplice. Cessa, dunque, in questo particolare l'autorità degli astronomi citati da Apelle, sopra la quale egli si appoggia. E quando bene si ammettesse, taluna macchia esser visibile nel disco solare che non agguaglia in lunghezza la centesima parte del diametro né in superficie una delle diecimila parti del cerchio visibile del Sole, non creda per ciò di aver concluso maggiormente l'apparizion di Venere; perché io gli replico, che il suo diametro nella congiunzione mattutina non pareggia la dugentesima, né la sua superficie la quarantamilesima parte, del diametro e del visibil disco del Sole.
      Quanto alla seconda fuga de gli avversarii, cioè che non sia necessario che Venere oscuri parte del Sole, potendo ella esser corpo per sé stesso lucido, non resta, per mio parere, convinta per quello che produce Apelle; perché, quanto alla semplice autorità de gli antichi e moderni filosofi e matematici, dico che non ha vigore alcuno in stabilire scienza di veruna conclusione naturale, ed il più che possa operare e l'indurre opinione e inclinazion al creder più questa che quella cosa.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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