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      Secondariamente, il termine che distinguesse la parte illuminata della Luna dalla parte non tocca da i raggi diretti del Sole sarebbe nullo o indistintissimo, come si può vedere in una gran palla di vetro piena d'acqua, ben che torbida, o d'altro liquore non interamente trasparente (ché se fosse acqua limpida, tal termine non si vedrebbe punto). Terzo, essendo tanto trasparente la sustanza lunare, che in grossezza di duemila miglia desse il transito al lume del Sole, non si può dubitare che una grossezza della medesima materia che non fosse più di una delle dugento o trecento parti sarebbe in tutto trasparentissima; al che totalmente repugnano le montuosità lunari, le quali tutte, ben che molte di loro si vegghino assai sottili e strette, oscurano d'ombre nerissime le parti circonvicine e basse, come in luoghi innumerabili si scorge, e massime nel confine tra l'illuminato e l'oscuro, dove taglientissimamente e crudamente, quanto più imaginar si possa, i lumi conterminano con le ombre, il quale accidente in verun modo non può aver luogo se non in materie simili in asprezza ed opacità alle nostre più alpestri montagne. Finalmente, quando lo splendor del Sole penetrasse tutta la corpulenza della Luna, la chiarezza dell'emisfero non tocco da i raggi dovria mostrarsi sempre l'istessa né mai diminuirsi, poi che sempre è nell'istesso modo illuminata la metà della Luna: o se pur diversità alcuna veder vi si dovesse dovrebbesi nel novilunio veder la parte di mezzo più oscura del resto, essendo quivi maggior la profondità della materia da esser penetrata; e nelle quadrature maggior chiarezza dovria esser vicino al confin della luce, e minor nella parte più remota.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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