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      Di qua dall'Alpi va attorno, come intendo tra non piccol numero de i filosofi peripatetici a i quali non grava il filosofare per desiderio del vero e delle sue cause (perché altri che indifferentemente negano tutte queste novità e sene burlano, stimandole illusioni, è ormai ternpo che ci burliamo di loro, e che essi restino invisibili ed inaudibili insieme), va attorno, dico, per difender l'inalterabilità del cielo (la quale forse Aristotele medesimo in questo secolo abbandonerebbe), una opinione conforme a questa d'Apelle, e solamente diversa, che dove egli pone per ciascuna macchia una stella sola, questi fanno le macchie congerie di molte minutissime, le quali con loro differenti movimenti aggregandosi, or in maggior copia, ora in minore, e quindi separandosi, formino e maggiori e minori macchie, e di sregolate e diversissime figure. Io, già che ho passato il segno della brevità con V. S., sì che ella è per leggere in più volte la presente lettera, mi prenderò libertà di toccare qualche particolare sopra questo punto.
      Nel quale il primo concetto che mi viene in mente è, che i seguaci di questa opinione non abbino auto occasione di far molte e molto diligenti e continuate osservazioni; perché mi persuado che alcune difficoltà gli averebbono resi non poco dubbii e perplessi nell'accomodare una tal posizione alle apparenze. Perché, se bene è vero in genere che molti oggetti, ben che per la lor piccolezza o lontananza invisibili ciascuno per sé solo, uniti insieme possono formare un aggregato che divenga percettibile alla nostra vista, tuttavia non è da fermarsi su questa generalità, ma bisogna che descendiamo a i particolari proprii delle stelle ed a quelli che si osservano nelle macchie, e che diligentemente andiamo esaminando, con qual concordia questi e quelli possino mischiarsi e convenire insieme; e per non far come quel castellano che, sendo con piccol numero di soldati alla difesa d'una fortezza, per soccorrer quella parte che vede assalita vi accorre con tutte le forze lasciando intanto altri luoghi indifesi ed aperti, conviene che, mentre ci sforziamo di difender l'immutabilità del cielo, non ci scordiamo de i pericoli a i quali per avventura potriano restar esposte altre proposizioni, pur necessarie alla conservazione della filosofia peripatetica.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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