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      Io non voglio passar più innanzi né entrar a esaminare la forza delle peripatetiche ragioni, al che mi riserbo in altro tempo: questo solo soggiugnerò, parermi azione non interamente da vero filosofo il voler persistere, siami lecito dir quasi ostinatamente in sostener conclusioni peripatetiche scoperte manifestamente false, persuadendosi forse che Aristotele, quando nell'età nostra Si ritrovasse, fosse per far il medesimo; quasi che maggior segno di perfetto giudizio e più nobil effetto di profonda dottrina sia il difendere il falso, che 'l restar persuaso dal vero. E parmi che simili ingegni dieno occasione altrui di dubitare, che loro per avventura apprezzin manco l'esattamente penetrar la forza delle peripatetiche e delle contrarie ragioni, che 'l conservar l'imperio all'autorità d'Aristotele, come ch'ella sia bastante con tanto lor minor travaglio e fatica a schivargli tutte l'opposizioni pericolose, quanto è men difficile il trovar testi e 'l confrontar luoghi che l'investigar conclusioni vere e 'l formar di loro nuove e concludenti dimostrazioni. E parmi, oltre a ciò, che troppo vogliamo abbassar la condizion nostra, e non senza qualche offesa della natura e direi quasi della divina Benignità (la quale per aiuto all'intender la sua gran costruzione ci ha conceduti 2000 anni più d'osservazioni e vista 20 volte più acuta, che ad Aristotele), col voler più presto imparar da lui quello ch'egli né seppe né potette sapere, che da gli occhi nostri e dal nostro proprio discorso.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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