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      E prima, nella parola «sponsus» aviamo la virtù fecondante e prolifica; l'«exultare» ci addita quell'emanazione di essi raggi solari fatta, in certo modo, a salti, come 'l senso chiaramente ci mostra; «ut gigas,» o vero «ut fortis», ci denota l'efficacissima attività e virtù di penetrare per tutti i corpi, ed insieme la somma velocità del muoversi per immensi spazii, essendo l'emanazione della luce come instantanea. Confermansi dalle parole «procedens de thalamo suo», che tale emanazione e movimento si deve referire ad esso lume solare, e non all'istesso corpo del Sole; poi che il corpo e globo del Sole è ricetto e «tanquam thalamus» di esso lume, né torna ben a dire che «thalamus procedat de thalamo». Da quello che segue, «a summo cæli egressio eius», aviamo la prima derivazione e partita di questo spirito e lume dall'altissime parti del cielo, ciò è sin dalle stelle del firmamento o anco dalle sedi più sublimi. «Et occorsus eius usque ad summum eius»: ecco la reflessione e, per così dire, la reimanazione dell'istesso lume sino alla medesima sommità del mondo. Segue : «Nec est qui abscondat a calore eius»: eccoci additato il calore vivificante e fecondante, distinto dalla luce e molto più di quella penetrante per tutte le corporali sustanze, ben che densissime; poi che dalla penetrazione della luce molte cose ci difendono e ricuoprono, ma da questa altra virtù, «non est qui se abscondat a calore eius». Né devo tacer cert'altra mia considerazione, non aliena da questo proposito.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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