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      Io non posso riscrivergli per adesso, trovandomi occupatissimo; e solo prego V. S. a dirgli che non intendo che S. Paternità muti nulla nel suo libro già stampato, anzi che io gli rendo grazie delle onorate menzioni che fa di me. E qui reverentemente inclinandola, gli bacio le mani e prego felicità.
     
      Fir.ze, li 16 di 8bre 1632.
     
      Di V. S. Ill.maSer.re Obblig.mo
      Gal.o G.
     
      XIX
     
      AD ANDREA CIOLI IN LIVORNO
     
     
      (Roma, 19 febbraio 1633)
     
      Ill.mo Sig.re e Pad.ne Col.mo
     
      De gl'accidenti occorsimi ne i 25 giorni del mio viaggio so che V. S. Ill.ma ne averà inteso dal S. Geri Bocchineri al quale in più lettere ne ho dato conto; però non ne replico altri. Giunto qui in Roma, fui ricevuto dall'Ecc.mo S. Ambasciatore con quella benignità che non si può descrivere, dove con la medesima vo continuando di trattenermi. Circa lo stato delle cose mie non posso dir nulla; salvo che per coniettura pare a me, e anco al S. Ambasciatore e suoi ministri di casa, che la travagliosa procella sia, o almeno si mostri tranquillata assai onde non sia da sbigottirsi del tutto per qualche inevitabil naufragio, e disperar di esser per condursi in porto, e massime mentre, conforme al mio dottore, tra l'onde alterate
     
      Scorrendo me ne vo con umil vele.
     
      Io mi trattengo perpetuamente in casa, parendo che non convenga in questo tempo andar vagando e a mostra per la città. Sin ora non mi è stato imposto o detto nulla ex offitio; anzi uno di quei SS.ri della Congregazione è stato due volte da me con molta umanità dandomi destramente occasione di dir qualche cosa in dichiarazione e confermazione della mia sincerissima e ossequentissima mente, stata sempre tale verso S.ta Chiesa e suoi ministri e tutto da esso con attenzione, e, per quanto ho potuto comprendere, con approbazione, ascoltato: e se la sua visita è stata (come ragionevolmente par che sia credibile) con consenso e forse con ordine della Sa.a Congregazione, questo pare un principio di trattamento molto mansueto e benigno, e del tutto dissimile alle comminate corde, catene e carceri etc.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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