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      E quando Aristotele vedesse le novità scoperte novamente in cielo, dove egli affermò quello essere inalterabile e immutabile, perché niuna alterazione vi si era sino allora veduta, indubitatamente egli, mutando oppinione, direbbe ora il contrario: ché ben si raccoglie, che, mentre ei dice il cielo esser inalterabile perché non vi si era veduto alterazione, direbbe ora essere alterabile, perché alterazioni vi si scorgono. Si fa l'ora tarda, e io entrerei in un pelago larghissimo, se io volessi produr tutto quello che in tale occasione mi è passato più volte per la mente; però mi riserverò ad altra occasione.
      Quanto all'avermi V. S. Eccel.ma attribuito oppinioni non mie, ciò può essere accaduto che ella ne abbia prese alcune attribuitemi da altri, ma non già scritte da me: come, per esempio che, per detto del filosofo Lagalla, io tenga la luce esser corporea mentre che nel medesimo autore e nel medesimo luogo si scrive aver io sempre ingenuamente confessato di non saper che cosa sia la luce: e così il prender come risolutamente primarii miei pensieri alcuni riportati dal sig.r Mario Guiducci, potrebbe esser che io non ci avessi avuto parte, benché io mi reputi a onore che si creda tali concetti esser mia, stimandoli io veri e nobili.
      Circa l'esser per avventura parso prolisso nel rispondere alle sue obiezioni, non lo ascrivo io a minimo neo, né pur ombra d'indignazione in V. S. Eccel.ma, sì come né anco in me mancamento, se non in quanto con minor tedio del lettore averei potuto esprimere i miei sensi; ma la mia natural durezza nel dichiararmi mi fa tal volta traboccare dove io non vorrei: oltreché, sia, per la nostra concertata filosofica e amichevole libertà, lecito di piacevolmente dire, quando ella paragonassi la multiplicità e lunghezza delle opposizioni che ella fa alla unica mia proposizione del candore lunare distesa in pochissimi versi paragonasse, dico, con la lunghezza delle mie risposte; forse ella non troverebbe la proporzione dei suoi detti a' miei minore della proporzione dei versi della mia lettera ai versi che le sue instanze contengono.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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