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      Cessi per tanto la fede che in questo caso l'intelletto deve prestare al senso. Ed aggiunghiamo di più, che di due oggetti visibili, ma in grandezza diseguali, il minore meno ingombrerà l'occhio di luce che il maggiore, ancorchè amendue fussero dell'istesso splendore in specie. Ora notisi che il disco lunare viene compreso sotto un angolo acutisimo, avvengaché la sua base non suttenda più che a mezo grado: ma l'angolo che dalla massima divaricazione de
      i raggi visivi si constituisce nell'occhio, essendo più grande che retto, suttende a più di novanta gradi interi e questo viene tutto ingombrato dall'area e piazza luminosa della Terra, mentre che da vicino la rimiriamo: essendo adunque l'ampiezza di questo grande angolo circa dugento volte maggiore dell'altro acuto, che comprende il disco lunare, meraviglia non abbiamo a prenderci dell'apparente maggioranza di luce nel rimirar la Terra, che la Luna incandita. Taccio che della differenzia dei nominati due angoli lineari molto e molto maggiore è quella delli angoli solidi, da essi lineari nascenti: e veramente angoli solidi sono i compresi dentro a i coni formati da i raggi visuali, de i quali angoli quello che ha per base la parte, ancorché piccolissima, della terrestre superficie all'occhio esposta, a ben più di quaranta mila volte maggiore dell'altro, che si fonda sul disco lunare.
      Non è dunque meraviglia che il senso nella prima apparenza distortamente giudichi nella presente causa: però sarà bene che veggiamo se ci è modo di correggerlo; e potendo per avventura i modi e le maniere esser molte, io per ora ne proporrò una o due.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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