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      Se poi in fatto tal piegatura sia in figura d'arco di cerchio, o d'ellisse, o di linea parabolica, o iperbolica, o spirale, o altre, non credo ch'alcuno possa in verun modo determinare, essendo le differenze di cotali inclinazioni, in un arco di due o tre gradi al più, del tutto impercettibili.
      Mi restano da considerare l'ultime parole, dalle quali vo raccogliendo misticamente varie conseguenze e vani sensi interni del Sarsi. E prima, assai apertamente si comprende ch'egli si messe intorno alla scrittura del signor Mario non con animo indifferente circa il notarla o lodarla, ma con ferma risoluzione di tassarla ed impugnarla (come notai anco da principio); che però si scusa di non le aver fatto più numerose opposizioni, dicendo: "E come potev'io confutare le cose ch'ei non ha profferite e ch'io non ho potute indovinare?", se ben la verità è tutta all'opposito, cioè ch'ei non ha impugnato altre cose, per lo più, che le non profferite dal signor Mario e ch'egli s'è messo per indovinarle. Dice insieme, che il signor Mario ha scritto con parole oscure ed inviluppate, e che in una ben lunga disputazione non si comprende qual sia stato il suo senso. A questo gli rispondo che il signor Mario ha avuta diversa intenzione da quella del Maestro del Sarsi. Questo, come si raccoglie dal principio della scrittura del Sarsi, scrisse al vulgo, e per insegnargli con suoi responsi quello che per se stesso non avrebbe potuto penetrare; ma il signor Mario scrisse a i più dotti di noi, e non per insegnare, ma per imparare, e però sempre dubitativamente propose, e non mai magistralmente determinò, ma si rimise alle determinazioni de' più intelligenti: e se la nostra scrittura pareva così oscura al Sarsi, doveva, prima che censurarla, farsela dichiarare, e non mettersi a contradire a quello ch'ei non intendeva, con pericolo di restarne a bocca rotta.


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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 290

   





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